Perché

A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.

lunedì 10 ottobre 2011

La Maratona di Firenze 2010 - 6

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1km


Giù per viale dei colli, attento a non inciampare nei sacchi di nylon abbandonati da chi mi precede, a non urtare gli altri, a evitare collisioni con chi sopravviene e ti sorpassa invasato, con chi procede lentamente magari in coppia o in gruppo creando una sorta di barriera mobile. Fino a che  non finisce la discesa non guarderò il tempo, anzi quando arrivo a piazza Ferrucci vedo che sono quasi a due chilometri, aspetterò i due km esatti e poi pigierò lap e da quel momento guarderò il passo medio sui cinque km come prefissatomi.  L’asfalto è bagnato ma non ci sono pozze, almeno non plateali. Il gruppo è continuo ma non ci diamo noia. Quando, costeggiando la scuola dei sott’ufficiali dei carabinieri, entro in viale Giovine Italia scattano i due chilometri: sto andando sui 5.25, troppo veloce, già 5.40 è ambizioso, ma mi sento bene, mi sembra di andare senza alcuna forzatura, la pagherò poi, lo so, però avrò guadagnato un po’ di tempo, tanto se poi devo calare comunque e finire a 6.30, tanto vale che ci arrivi con anticipo. Mi rendo conto che non è un gran ragionamento però sul momento la sensazione di stare bene è troppo forte. E poi mentre sono lì tra tutti gli altri mi sembra di andare fin troppo piano, come potrei rallentare ulteriormente?
Sono da solo, devo controllare che tutto proceda come dovrebbe, mi concentro sul movimento delle braccia, verifico che il bacino sia incurvato e mi sforzo di sentire la cordicella che mi tira in vita. La cordicella del Massini.

Era fine settembre, avevo ormai cominciato la preparazione da più di un mese e mi rendevo conto che stavo andando più piano di prima dell’estate, ero indubbiamente aumentato di volume, e quindi anche di peso, anche se avevo attentamente evitato la bilancia, e facevo una gran fatica a allenarmi. Sapevo che c’era la possibilità di un aiuto esterno, il famoso Fulvio Massini, di cui Leonardo mi aveva tanto parlato, ma a me sembrava un’esagerazione, un prendersi troppo sul serio, io che correvo per diporto, che mi rivolgevo a un allenatore professionista, sebbene sulla rivista di running che leggo, la pubblicità mostrasse stage e allenamenti di gruppo con lo scopo dichiarato di correre in modo sano, che sarebbe stato proprio il mio obbiettivo: fare la maratona in modo sano. L’ultima spallata che mi fece superare ogni tentennamento fu il venire a sapere che anche Beppe si era rivolto a lui pochi giorni prima. La sera stessa inviai un mail per richiedere un appuntamento per una visita. Mentre uscivo dall’ufficio ricevo una telefonata sul cellulare da un numero sconosciuto. Era lui, ipse, quello che per me era solo un nome, un personaggio, di cui leggevo sempre con attenzione la rubrica sull’allenamento sulla mia rivista preferita. Fissai per un paio di giorni dopo e il ventinove settembre duemiladieci cambiò la mia vita.
Vabbè sono stato enfatico e lapidario, però devo dire che, a posteriori, ha segnato una differenza tra un prima e un dopo, anche nel mio modo di essere e di apparire (ho perso sette chili di peso, e le persone lo hanno notato, anche perché non ero obeso), nel come mi sento (provate a correre con uno zaino e due portatili dentro e poi toglietelo e capirete cosa intendo), nel come mangio (anche adesso che ho abbandonato ogni dieta).
Cosa avrà fatto mai direte voi.
Mi ha misurato tutto, compreso l’imbarazzante misura delle pliche ossia pinzare la ciccia su braccia, gambe e soprattutto nelle zone crudeli come fianchi e busto, e vedere che tra le tenaglie resta un bel po’ di ciccia che non è solo pelle né tanto meno muscolo è imbarazzante.
Un suo assistente mi ha valutato l’appoggio dei piedi sia da fermo che in movimento, con e senza scarpe da corsa.
Mi sono vestito per correre e siamo usciti, lui in bici, io di corsa e ce ne siamo andati verso il piazzale michelangelo. Agli ASSI siamo andati in pista e mi ha guardato correre dandomi delle indicazioni sulla postura, ancora oggi mentre corro e sono stanco mi concentro sull’inclinazione del busto, sul movimento delle gambe e delle braccia, sulla posizione della testa, in modo da essere più efficiente e stancarmi meno. Ma la prima cosa che verifico è la cordicella. Quando corri, mi ha detto, devi sentire come se avessi una cordicella in vita che ti tira e tu corri per agevolare quella cordicella. Quindi il bacino sarà inarcato e tenderà in avanti e il corpo sbilanciato in avanti ti costringe e ti invita a correre. 
Poi mi ha fatto fare quella che si chiama Prova Conconi per determinare la velocità di riferimento, quella che si può anche ricavare dal miglior tempo sui 10-12km. In questo caso si trattava di partire lentamente e di aumentare di poco ogni cento metri fino a arrivare alla massima velocità oltre la quale non è più possibile andare.
La cosa tragica è stato che il risultato di questa prova è stato che la mia velocità era 5.08 quando a maggio, ossia solo quattro mesi prima, riuscivo a fare 10km a meno di 5.00. d’altronde se mi ero deciso a ricorrere a lui, ci sarà stato un motivo.
Dopo le prove in pista mi ha fatto anche fare vari tratti in salita e in discesa correggendomi la postura, l’inclinazione, l’appoggio. Poi siamo rientrati, con lui che mi incoraggiava con apprezzamenti sui miglioramenti e sempre notando errori, come il braccio sinistro che muovo meno del braccio destro.
Di nuovo alla scrivania, mi ha chiesto che allenamento avevo fatto fino ad allora e come intendevo allenarmi, può sembrare ovvio ma nessuno può costringerti a fare qualcosa che non vuoi, quindi è inutile che lui pensi un programma di allenamento basato su 4 o 5 sedute se poi io non ne voglio, o posso, fare più di tre alla settimana. Quindi mi ha personalizzato un programma di allenamento partendo dall’ultimo lungo fatto la domenica precedente.
Poi mi ha chiesto cosa mangiavo durante tutto il giorno. E lì è cominciata la parte che più attendevo e temevo, la famosa dieta che mi permettesse di perdere qualche chilo, tre o quattro pensavo io, per tornare dagli attuali 88.5 kg a un livello precedente all’estate di circa 84-85 kg, invece lui mi stupisce annunciandomi che avrei dovuto perdere 6 kg prima della maratona, ossia in due mesi netti. Il problema è stato passare dalla teoria, in cui tutto è fattibile, alla pratica, quando appena uscito mi sono accorto che mi aveva proibito ogni alcolico, compreso un bicchiere di prosecco, ormai rito abituale prima di cena. Telefonato a Elena, abbiamo deciso che la dieta sarebbe cominciata dal giorno seguente e siamo andati subito a prendere addirittura un aperitivo fuori, se si doveva disobbedire che fosse in grande stile.
A posteriori non è stata una brutta dieta, certo i primi giorni ho sofferto, dato che mangiavo molto meno di quanto fossi abituato, e ogni sia pur piccola quantità di cibo ammessa diventava preziosa e desiderata.
In due mesi ho perso ben 7 kg e nelle ultime settimane prima della maratona ho cominciato a vedere notevoli differenze soprattutto nelle ripetute e negli allenamenti veloci. Ma soprattutto mi sentivo bene e non soffrivo più alcuna fame, anzi la dieta non disturbava neppure l’allenamento.

Va tutto bene, la cordicella è a posto, il braccio sinistro si muove come il destro, la mandibola non contratta.
Davanti alla Carducci, la mia scuola media, affianco una ragazza bassina e tondotta che corre con un maglione di lana beige. La osservo, è veramente molto bassa, sarà sul metro e cinquanta non di più, piuttosto abbondante, però pare decisa e per niente intimorita, mi fa sentire un po’ idiota con tutto il mio allenamento e la mia mania per i particolari, quasi che un piccolo dettaglio possa impedirmi di arrivare al traguardo mentre questa ragazza, che pare lottare contro la natura, mi corre a fianco e per giunta con un maglione di lana, io che metto solo capi tecnici, soppesando la pensantezza al grado centigrado di temperatura ambientale. Mentre siamo affiancati e la sto soppesando, si sfila una manica del maglione e cerca con fatica di toglierselo. L’aiuto tirando verso l’alto il maglione, sempre correndo, le sorrido e mi ringrazia, poi lentamente la sopravanzo e non la vedo più.

Piazza donatello. Faccio attenzione a minimizzare il percorso, c’è una riga verde sull’asfalto che segna il percorso ma si può fare meglio, mi sento avvantaggiato perché, conoscendo la città e il percorso, so in netto anticipo come sarà la prossima curva pertanto posso spostarmi sul lato interno con calma e senza fare brusche variazione di traiettoria.

Mi supera sulla sinistra una coppia, devono essere stranieri, nordici direi, lei ha pantaloncini cortissimi e una maglietta a maniche corte. Però la pelle delle braccia e delle cosce è purpurea. Non è magrissima però si vede che è tosta. Come culo non ha un granché. Sì perché, lo devo ammettere, faccio di tutto per distrarmi e rimandare, differire, procrastinare, ritardare quanto più possibile la stanchezza e ogni pensiero fosco. E per fare ciò osservo tutto quello che mi circonda, le maglie, le casacche, ognuno ha una scritta di un gruppo sportivo, o la sponsorizzazione di una trattoria, o se è un singolo, come lo sono anche io, ne ammiro il vestiario tecnico, la combinazione dei colori, la pesantezza o la leggerezza, i calzini, le scarpe, e poi i cappelli, le fasce di tutti i colori, meglio se sgargianti. E, nelle ragazze, anche il culo. Mi vergogno ma è vero. È possibile che nel momento topico dello sforzo fisico, della fatica, con il freddo, il vento e la pioggia, quando mi passa accanto un essere femminile io mi soffermi a valutarne esteticamente il fondoschiena? Sì, è possibile. E magari pretenderei che una ragazza o una donna che si cimenta in una maratona oltre che tosta e allenata abbia anche una silouhette sinuosa e armoniosa. È assurdo, lo so, come se gli uomini fossero tutti dei kouroi greci, mentre si vedono delle forme curiose, dei passi sbattuti per terra, dei movimenti inarmonici, delle forme extralarge che non sembrano essere compatibili con uno sport come la corsa. Pertanto lo stesso accade con le donne, anche se in generale sono in numero assai minore e forse più serie nell’approccio degli uomini. Comunque io mi aspetto sempre che quella donna abbia anche un bel culo. Ecco che allora mi soffermo a valutare. Anche perché l’abbigliamento da corsa è spietato: non nasconde niente o quasi.
Insomma, non per giustificarmi ma anche questo rientra nella mia strategia della distrazione.
Come sarebbe distrazione ascoltare la musica. Ma in gara no, non si può. Al mio pàdoan che me lo chiedeva sono stato categorico: in gara è vietato. C’è chi si porta il lettore mp3 ma sono pochi e... sospendevo, sottintendendo: sono dei deboli, dei debosciati.
Però sarebbe assai utile, la musica, per distrarsi, per avere anche un supporto psicologico, un aiuto per tenere il ritmo, certe canzoni poi ti possono esaltare, commuovere, sostenere.
Ma noi non sia così deboli. Peccato.

In piazza della libertà sento un nugolo di fischietti e un coro: si tratta di due gruppi di volontari che corrono spingendo a turno la carrozzella di due disabili, tutti infagottati nell’impermiabile di nylon d’ordinanza, sorrido e mi commuovo guardandoli, mi fa sentire bene stare lì con loro, anche se stiamo faticando e prendendo un sacco di freddo e di pioggia. In realtà ancora non sento ancora la fatica. In viale Lavagnini vedo qualche brandello di tuta abbandonato, qualcuno che fa una sosta dietro una siepe. Per fortuna il maltempo ha ridotto i passanti.

Mentre mi vestivo mi ero posto svogliatamente il problema: perché indossare i polsini? Per asciugarmi il sudore mentre piove e il polsino stesso sarà più zuppo della fronte che dovrebbe asciugare? Però, mentre mi ponevo questa domanda a cui non avevo pensato una risposta preventiva, mi sono infilato i due polsini neri che avevo messo anche l’anno scorso. Scaramanzia? In ogni caso, fastidio non dovrebbero darmene, mi sono detto mentre proseguivo la vestizione.
Adesso che oltrepasso il semaforo di via Santa Caterina di Alessandria, mi rendo conto che ho le mani gelate, non è tanto il freddo quanto la pioggia e il vento. Ho le mani di un rosso scuro. Cos’è il genio? Fantasia, intuizione, decisione e velocità di esecuzione! Vedo gli inutili polsini e mentre continuo a correre ne faccio scorrere uno fino a coprire la mano e le nocche da una parte. Lo stesso faccio con l’altro polsino, a quel punto basta ritrarre i pollici anche loro sotto: aaah! Che bello, in pochi istanti mi sento riavere e posso dimenticarmi le mani che avevano monopolizzato la mia attenzione. Il genio. E la scaramanzia! Non oso pensare quanto ancora avrei resistito con le mani gelate, visto che non era passata neanche mezz’ora... ti immagini ritirarsi per il freddo alle mani? Sarebbe stato ridicolo a raccontarla e avrebbe destato ben poca compassione o solidarietà: affronti quarantadue chilometri di corsa e ti fermi per un problemuccio alle mani, che non fanno alcuno sforzo se non quello di oscillare?


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