Perché

A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.

domenica 1 gennaio 2012

I percorsi d'allenamento - 3. Firenze - Signa - Lastra - Firenze

Asfalto e terra / pianeggiante / 31,5 - 34,5 km (giro completo partendo dalle cascine) / 2 fontanelle

Quando ci si trova a dover correre i lunghissimi, o almeno quelli che per me sono dei lunghissimi, diciamo sopra i 30km, la domanda sorge spontanea: che giro faccio?
Innanzitutto voglio evitare di fare più giri di uno stesso percorso. E anche di passare troppo vicino a casa quando sono in crisi, per non avere tentazioni, veramente difficili da combattere, come una semplice scorciatoia. A freddo, con la mente lucida, mi sembra facile, ma quando ho appena fatto 33km e me ne mancano 4 per arrivare a 37, mentre se tagliassi ne farei solo altri 2 e totalizzerei 35km, in fondo non è poi male un 35km, invece di un 37km, che saranno poi mai due chilometri in meno! Tanto, sempre un lungo è. Perché, oltre a una maggiore condiscendenza verso me stesso, subentra un abbassamento delle aspettative: alla partenza avrei fatto 37km a 5.41, ora – giuro che mi è accaduto di pensarlo –  arrivare a casa con una media del 5.50 sarebbe un buon risultato, in linea con la scorsa volta e anche la distanza: con 35 allungherei comunque di un chilometro...

Avendo premesso tutto ciò, risulta chiaro che se, per raggiungere la giusta lunghezza, si deve trovare qualche chilometro in più è meglio farlo all’inizio o nel punto più lontano del percorso, dopodiché, volere o volare, non ci sarà più alcuna alternativa se non arrivare a casa per la via più corta di modo che il bisogno primario coinciderà con l’obbiettivo dell’allenamento.
Altro requisito è la mancanza di salite: a meno che non ci siano esigenze specifiche, se già devo lavorare sulla distanza non voglio disperdere energie con ulteriori difficoltà, il percorso deve essere piatto.
Ovviamente voglio anche evitare il più possibile il traffico, quindi il mio percorso dovrà utilizzare al massimo le aree protette e prediligere strade secondarie e di campagna.

Tutti questi requisiti mi hanno spinto a elaborare un percorso che sfrutta ovviamente l’asse est-ovest, con il fiume come punto di riferimento, in modo da evitare le salite.


Prendo come punto di partenza il piazzale delle Cascine davanti alla facoltà di Agraria (al totale io poi aggiungerò anche 3 chilometri che servono per andare e tornare da casa).
Inizio sfruttando un giro intero delle Cascine, partendo in direzione della città e poi poi tornando lungo il fiume. All’Indiano siamo a circa 5km.

Attraverso il mini-ponte e proseguo lungo la ciclabile verso i Renai. All’ingresso del parco sono a 13km. Fino a qui la strada è nota. Comincio la descrizione di questo percorso da questo punto.


Da qui si deve abbandonare la riserva ma, considerando anche che l’allenamento per comprensibili ragioni di sopravvivenza familiare, sarà svolto di domenica mattina sul presto, anche dove sarò costretto a utilizzare strade normali, il traffico sarà comunque limitato.
Oltrepasso il ponticino e giro, sull’ampio marciapiedi, a sinistra, tornando verso l’Arno, mantenendomi lungo l’argine del torrente, e quando la strada si allontanerà dall’argine prendo il sentiero che invece continua lungo il canale. Arrivo a un parcheggio vicino alla ferrovia, scendo seguendo la strada e poi mi tengo accosto alla ferrovia, apparentemente senza uscita, passando tra i tavolini all’esterno di un bar, sotto una terrazza, oltrepassati i quali sbuco sulla piazza della stazione. Nel mezzo dell’edificio, sotto l’orologio, si apre un portone senza battenti: è il sottopassaggio che porta ai binari. Percorrendolo tutto, sempre correndo, risalgo dall’altra parte della ferrovia.
Ho così evitato in modo elegante lo snodo trafficatissimo che, passando sotto la ferrovia collega Ponte a Signa con Signa. Proseguo lungo la strada che trovo davanti a me e poi giro a sinistra seguendo un percorso obbligato fino a spuntare a un parcheggio all’ingresso dello stadio di Ponte a Signa. Da lì una breve rampa di scale di pietra mi porta sul ponte, attraverso rapidamente l’Arno e, attraverso un’altra rampa alla fine del ponte, scendo sull’argine in direzione di Firenze. Siamo a circa 15km. A un certo punto devo scendere e proseguire lungo la strada, passo sotto la ferrovia che arriva da Lastra a Signa e costeggio le mura medievali della Lastra in senso orario per poi prendere sulla sinistra via del Piano come se volessi tornare all’Arno. Effettivamente d’ora in poi so che alla mia sinistra devo tenere l’Arno, se anche sbagliassi strada o avessi un dubbio basta prendere a sinistra al primo bivio e quando vedo il fiume mi potrei orientare di nuovo.
Da qui comincia un percorso che tra serre, vivai, piccole attività legate al territorio ci porteranno a San Colombano, Badia a settimo, Ugnano e Mantignano per poi rientrare in Firenze all’altezza del ponte all’Indiano ma sull’altro lato dell’Arno rispetto alle Cascine.
Non è un percorso difficile però quando si fanno queste distanze non ci possiamo permettere di allungare per ovviare a errori, e poi trovarci a fine allenamento e distare ancora qualche chilometro da casa o dal punto di partenza. E non è solo il problema di non farcela e di dover scarpinare quando siamo stanchi morti, è una questione psicologica, durante l’allenamento non dobbiamo sprecare energia, non solo fisica ma neanche mentale. Avere dubbi, incertezze, cercare la strada giusta, invertire la rotta, chiedere a un passante, tutto questo ci può distrarre, mettere ansia, insomma ci fa sprecare energia e ci distoglie dai parametri fondamentali: la postura, la respirazione, il passo che stiamo tenendo, monitorare eventuali dolorini o anche solo avvisaglie. Certo le distrazioni aiutano a fare chilometri senza accorgercene, ma devono essere distrazioni piacevoli, osservare un paesaggio sconosciuto, scoprire che quel campanile che avevo visto mentre andavo dalle Cascine ai Renai era proprio questo a cui sto passando accanto adesso, che il parco fluviale di Lastra a Signa sarebbe proprio davanti ai Renai e basterebbe una passarella per creare una più ampia area protetta, che la locanda Dino a San Colombano è stata fondata nel 1897, queste sono le distrazioni che mi servono e quando poi sarò tornato a casa avrò anche qualcosa da raccontare.
Tutto ciò per dire che, prima di fare un percorso del genere, non solo l’ho ipotizzato su Google  Earth ma poi l’ho verificato di persona con un sopralluogo, ovviamente con un mezzo di trasporto agile, come un motorino, che mi ha permesso di percorrere tutti i tratti stradali e, dove non era possibile seguire il sentiero, aggirarlo rapidamente e riprendere dalla fine del tratto pedonale.
Vediamo i dettagli, almeno per avere dei punti di riferimento.  
Quando si vede sulla sinistra una casa di cura, mentre le indicazioni stradali suggeriscono di continuare sulla destra, si può invece prendere questa strada senza uscita e ci si ritrova dentro il parco fluviale di Lastra a Signa. Si può percorrerlo lungo il suo perimetro cercando di massimizzare il percorso protetto. Ne usciremo dall’entrata principale, dove si trova anche una fontanella e un piccolo bar che la domenica mattina presto sarà chiuso. Saremo a 18km.


Si riesce dal parco e si gira a sinistra in via dei Ceramisti. Si tratta di un’area industriale non particolarmente attraente ma sarà per poco, infatti giro appena possibile in una viuzza, via di Stagno. Quando si spunta su una strada più trafficata si volta ancora a sinistra e la si segue per poche centinaia di metri, fino a che si vede una strada sulla destra che entra nell’abitato, via San Colombano. Appena si arriva a incrociare quella che deve essere la via centrale di San Colombano si riprende ancora a sinistra fino a sbattere contro un cimitero.


Sulla destra parte una stradina, via della Nave di Badia, che costeggia il cimitero e dopo una brevissima ma irta salita, arriva su un argine su cui scopriamo un percorso pedonale in terra battuta che ci permette, prendendo verso destra, di sorvolare un tratto di piana. Sulla destra vedo la badia di Settimo. Il sentiero si porta parallelo all’Arno fino a passare sotto l’autostrada e a quel punto si riprende la strada asfaltata, via del Cimitero di Ugnano (22,5km).



Quando incontriamo un’altra strada teniamo la sinistra per poche decine di metri e all’altezza della chiesa di Santo Stefano stavolta giriamo, contro ogni logica, a destra: fossimo andati a sinistra avremmo, sì, ritrovato l’Arno, nostro punto di riferimento, ma saremmo spuntati in un’aia con un bel muricciolo che dà sul fiume. Strada senza uscita. Girando invece a destra siamo in via di Ugnano. Nell’abitato troviamo un bivio ma è meglio tenere la strada principale sulla destra, perché la strada a sinistra ci porterebbe in un altro cul de sac: l’ingresso dell’acquedotto di Mantignano che ha un bel parco, però solitamente chiuso e comunque non attraversabile. Arrivati a un incrocio con una strada maggiore si prende finalmente a sinistra, via di Mantignano, che poi gira sulla destra.
Al prossimo incrocio (24,5km) abbiamo una scelta: a sinistra c’è un ponticino che ci porterà rapidamente al campo nomadi e all’Arno. A destra si prosegue fino a costeggiare Sollicciano e arrivare a Ponte a Greve. Io ho sempre preso a destra perché ho scoperto solo recentemente che il ponticino mi permetteva di tornare all’arno passando dal Poderaccio. Però questo mi accorcia anche il percorso di 3 chilometri quindi continuo la descrizione più lunga.
Continuando su via di Mantignano, si vede sulla destra la superstrada, il carcere di Sollicciano e le indicazioni per Casellina. Si prosegue sempre a diritto fino a arrivare al semaforo di Via Pisana in corrispondenza di Ponte a Greve (26,5km).






Questo è l’unico tratto trafficato e pericoloso di tutto il percorso: odio dovermi fermare e non lo faccio se non proprio costretto, quindi devo sperare che sia verde. Si gira a sinistra su Via Pisana attraversandola, dato che sulla sinistra si apre poco dopo lo svincolo che porta verso il viadotto dell’Indiano. Comunque anche sulla destra il marciapiede è inesistente. Si tratta comunque di un centinaio di metri al massimo, poi al semaforo attraverso diregendomi verso il Warner Village e l’hotel Hilton, ben visibili anche da lontano. Si prosegue per via del Cavallaccio e, attraversata via Simone Martini, si prende via Santa Maria di Cintoia attraversando il quartiere di San Bartolo a Cintoia fino a spuntare su viale Canova e, continuando, su via dell’Argin Grosso (29km).
Attraversando la strada e oltrepassando l’argine (grosso, appunto) si scopre un parco inimmaginato, con percorsi per passeggiate, giochi per bambini e poi un area riservata agli orticelli. Si arriva all’Arno, via dell’Isolotto, poco più a monte del ponte all’Indiano (29.5km).


Se fossimo passati dal Poderaccio il percorso di riunirebbe qui (e avremmo fatto solo 26,5km).


Da qui si può usare una strada di terra battuta lungo la riva ma io preferisco l’asfalto tanto la strada è poco trafficata e la trazione è migliore: visto che a questo punto ogni metro è molto costoso preferisco spendere il minimo possibile. Si costeggia un campo da golf e quando via dell’Isolotto si ricongiunge a via dell’Argin Grosso, si può rimanere nel giardino lungo il fiume fino alla passerella delle Cascine o in alternativa fino al ponte della tranvia, un chilometro più avanti. Attraversato l’Arno, si prosegue fino a piazza Vittorio Veneto (33km), vicino al ponte della Vittoria e poi ri rientra verso Agraria tramite il viale degli Olmi.
Il totale è 34.5km chilometri e aggiungendoci un breve tratto di avvicinamento alle Cascine si può facilmente arrivare a 37.

Fontanelle:
Due all’inizio nelle Cascine, inutili.
Una nel parco fluviale di Lastra a Signa verso il km 18.
Una alla fine, sempre alle cascine, all’altezza della passarella (di cui si potrebbe usufruire due volte: al km30 e al km34).
Tutto sommato è consigliabile portarsi dietro delle riserve di liquidi oltre che qualche integratore.

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