Perché

A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.

sabato 16 giugno 2012

E perdermi, m’è dolce, in questi boschi – 6. Monte Morello: Da Villa Ginori ai Colli Alti

Asfalto e sterrato / salite e discese notevoli / circa 15 km (giro)

Grazie a Giovanni, da Brescia, ho cominciato a conoscere Monte Morello. Pur essendo fiorentino ricordo di aver visto le antenne da vicino solo passando in auto e di essere stato a pranzo al Ristorante il Vecciolino, ma l’ultima volta più di dieci anni fa. Di passeggiate o escursioni non se ne parla proprio. Questo quello che conoscevo di questo luogo.
Con le uscite in pausa pranzo ho saputo di aver lambito l’area in questione, soprattutto con il Giro del Pietrisco, ma si tratta sempre di un limite estremo, Monte Morello in sé resta fuori dalla portata delle nostre uscite prandiali.
Pertanto inizio una nuova sezione dedicata specificatamente a Monte Morello nella speranza di aggiungere in futuro ulteriori esplorazioni.
Stavolta ci siamo trovati al parcheggio della manifattura Ginori con il chiaro intento di far scoprire, a chi come me non sapesse neppure che esisteva, il bosco del parco di Villa Ginori e contestualmente la costa sottostante Monte Morello.
Si circonda l’ex-manifattura, oramai fitta lottizzazione, per via della Fabbrica, prendendo a destra per via del Tiglio per poi continuare a salire a sinistra per via di Doccia. Siamo davanti all’ingresso della villa. A quanto mi dice Giovanni, Villa Ginori è disabitata, eccezion fatta per il casiere che ha incontrato una sera mentre questi usciva da una porticina e, di fronte alla sua evidente curiosità, lo ha addirittura invitato a fare un breve giro guidato nel giardino.
Si sale costeggiando il muro che racchiude il parco fintantoché un enorme varco ci invita a oltrepassarlo. Intercettata una comoda carrabile ormai ridotta a poco più di un sentiero ne abbiamo seguiti i regolari tornanti che ci hanno fatto rapidamente salire per il bosco ombroso. La pendenza è ingegneristicamente costante e i tornati disegnati con cura.



Una improvvisa ferita del bosco, forse un tagliafuoco, ci dona la visione della piana di Sesto e del giardino della Villa giù in basso.
Si continua a salire fino a che all’ennesimo tornante Andrea, l’altro compagno di corsa,  attira la nostra attenzione alle vestigia di un acquedotto ormai abbandonato. Restano dei pozzetti aperti e una sorta di canale che scende verso la villa e le cui pareti di pietra sono ormai quasi mimetizzate dal sottobosco. Siamo in prossimità, ci dice, della Fonte Giallina. Proseguiamo lasciando l’esplorazione ulteriore a una venuta successiva. Non mi sentivo di turbare la pace fiabesca del bosco e delle sue fonti con una visita inattesa e, per giunta, tutto sudato.
Ormai è una mezz’ora che saliamo, siamo sempre nel bosco. Chiacchieriamo e scansiamo i sassi. Un fruscio alla mia destra e lo vedo, dalla coda ritta e gonfia deve essere un capriolo. Corre parallelo a noi. Ma lui corre davvero, e sparisce. Noi non ci possiamo permettere neppure di cambiare passo, onde evitare il rischio di fermarci.
“Quando ho voglia di distrarmi dopo il lavoro, nel tardo pomeriggio mi piace perdermi per questi sentieri”, dice Giovanni.
Io e Andrea rimaniamo in silenzio, a parte il fatto che di fiato da sprecare ne abbiamo poco, ormai sarà più di mezz’ora che stiamo salendo, intanto la carrozzabile è diventata sentiero, e poi (mi sento di accomunarlo al mio pensiero) non sappiamo che dire: se lui si diverte così!?!
A me sinceramente l’idea di inciampare su un sasso o una radice, ruzzolare nel caso che ciò avvenga in discesa, storcermi una caviglia o farmi male in genere, da solo, in un bosco su per Monte Morello mi spaventerebbe.
“È bello spuntare inaspettatamente in un luogo che conosci, scoprire nuove connessioni tra luoghi distinti... Tanto so che basta prendere una strada in discesa e male che vada torno giù a Sesto”, si giustifica Giovanni al nostro silenzio quanto meno scettico. “Sì, sì...”, acconsentiamo laconici.
Quando la vegetazione si dirada vediamo bene la Calvana lì accanto e davanti a noi le tre punte di Monte morello, tutte sopra i novecento metri. Quella a cui ci stiamo avvicinando, Monte Rotondo, non ne fa parte, è solo settecento metri. Noi siamo poco sotto i seicento e abbiamo nelle gambe circa cinquecento metri di dislivello.
Arrivati a via dei Colli alti, dopo l’ultima pettata asfaltata (in virtù di un agriturismo con una vista invidiabile), irrispettosa di tutta la fatica che avevamo fatto prima, abbiamo preso nel senso della discesa. La sensazione morbida dell’asfalto liscio sotto i piedi è stata sorprendente e molto piacevole. Chi è convinto che l’asfalto sia duro e fastidioso per legamenti e articolazioni dovrebbe approfondire l’argomento che rischia di essere un luogo comune.
Il bello di questo giro è che siccome non si può certo cercare la performance (già riuscire a non camminare in certi momenti era un successo) ci siamo potuti fermare in due o tre punti per ammirare il panorama e per avere ragguagli topografici. L’ultimo davanti alla carta dei sentieri in località Collina dove via di Gualdo diventa via delle Catese (subito prima della Bottega di Morello: non è colpa mia se conosco solo ristoranti...).
Invece di rientrare direttamente seguendo la strada, Giovanni ci ha fatto godere di una deviazione che si è rivelata piacevole, attraverso un oliveto e costeggiando un fitto boschetto, per poi riprendere via delle Catese che nel frattempo ha cambiato nome in via dei Molini, dopo esser passati appunto accanto a un ex-mulino lungo il torrente.
Dopo poco riconosco l’ex-manifattura Ginori. Siamo arrivati, meno male perché le gambe cominciavano a essere stanche.

Un bel giro davvero.



Nessun commento:

Posta un commento